From the blog

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I sogni sono come palloni, vanno dove gli pare

Il viale di platani è un’entrata suggestiva sulla vita, al cui inizio è piazzato l’angelo con il capo chino, che sta ad insegnarci l’umiltà. E’ ricavato in un tronco di legno, scolpito con la motosega e davvero sembra impossibile che un oggetto così rozzo come una motosega abbia fatto da scalpello per quest’opera. Sentiamo già di essere in un’altra dimensione quando imbocchiamo a piedi questo viale in leggera pendenza, invitante, come qualcosa che ti chiama e verso cui vai volentieri, la sciandoti andare.

Siamo lontani, lontanissimi dalla città, dal rumore, dalla vita frenetica fatta di scatti e fermate violente e attraversare mano nella mano il ponticello di legno che porta dall’altra parte del fiume, calmo e silenzioso, avvolto dagli alberi in un’atmosfera irreale è come fare un salto in un’altra dimensione.

Carlo ci aspetta, anche se non ci siamo scambiati telefoni e indirizzi, anche se l’ora non l’abbiamo decisa e anche se noi non sapevamo se avremmo trovato mai questo posto delle fate. La casa è antica, circondata dal parco con alberi secolari come il frassino su cui Carlo ha costruito la prima delle sue case. Se ne vedono almeno quattro, di case sugli alberi, a spirale, fissate sui dei grandi pali che le sollevano a una decina di metri da terra. Tutto è irreale io non so descrivervi l’assenza del bisogno di parlare, non so come raccontare la sensazione di pace che mi porto dentro da stamattina.

Ecco che arriva Carlo, ci vede da una finestra di questa stranissima casa in pendenza, che gli dico, sembra una nave. Sappiamo che è un incontro “magico” e non ci perdiamo in convenevoli, cominciamo a camminare verso le case, parlando di noi, del mondo, del caso che non esiste. Eccoli arrivare, sono Pepito e Chocolat. Un asino dolcissimo e allegro come un bambino e un alpaca. Non avevo mai visto un’alpaca. Soprattutto un’alpaca insieme a un asino che giocano a rincorrersi. Voi si? L’alpaca sembra un peluche, tutto marrone con delle macchie bianche e saltella veloce stuzzicando Pepito. E pensare che c’è gente che uccide gli animali, per sport o anche per mangiarli. Me ne vergogno. Chiedo scusa mentalmente per questo a Pepito e Chocolat, che corrono felici. Ora siamo nella casa sospesa, saliti con una scala di legno e delle funi e parliamo di come i sogni si possano realizzare, di come l’accettazione sia la base del nostro cammino. Accettare, non per forza capire, accettare.

La storia di Carlo, mi spiace, non ve la posso raccontare, non perchè mi abbia detto di non farlo, ma perchè è troppo intima, bellissima e personale e non mi sento di lanciarla nel vuoto. Se lo incontrerete sarà lui a farlo. La casa sull’albero, la prima, quella più in alto, avvolta dai rami e protetta dalla fata ci aspetta. Sono tre le “scale” ripide da affrontare e si sale davvero per aria, con la testa che lancia l’allarme e il cuore che se ne frega. Gli sciamani sanno cosa accade dall’altra parte del mondo perchè parlano con gli alberi. Gli alberi guariscono, proteggono, sono forme energetiche di grande forza e stare qui sopra è come tornare bambini. Stessa energia.

Ci si rinfranca e ci si libera. Poi a terra, si scende perchè le nostre radici sono giù, attaccate al fondo e comunque dopo il volo fa piacere l’atterraggio ben fatto. Un albatros e altre sculture in legno (fatte tutte con la motosega) mi fanno pensare alla storia che ha citato Sandrine stamattina durante la colazione riguardo al bambino che dice allo scultore:

“come facevi a sapere che dentro alla pietra che scolpivi c’era quella donna?”

Ecco, Carlo, che non ne sa nulla, mi guarda e dice: lo scultore deve sapere che dentro il tronco c’è un uomo o uno scoiattolo perchè altrimenti lavorandolo si va contro la sua natura e si spezza, il legno si rompe.

La musica classica arriva da lontano, Carlo tiene sempre accesa una filodiffusione con la musica classica e non spenge mai. La “casa di terra”, il galeone, è un miscuglio di sensazioni e di odori “pazzesco”, oggetti d’ogni sorta, barattoli pieni di erbe spontanee raccolte e conservate, figure sacre, vetri decorati, colori e suoni si mescolano mentre parliamo delle nostre vite.

Mi chiede se voglio prendere una carta delle fate, perchè lì ci sono le risposte. La prendo: “puissance” c’è scritto. La potenza, mi spiega, è costruire qualcosa in cui tutti siano vincitori.

Dobbiamo ripartire e andiamo insieme verso il viale con i platani, così accogliente, così misterioso.

Altri particolari, altre scene altri regali che “Ufficialmente pazzi” mi sta facendo. Ora la strada prende forma, le persone popolano questo viaggio dandogli il suo vero significato. Stiamo viaggiando per poter raccontare, non noi stessi ma ciò ce sentiamo profondamente e che arriva solo quando si è pronti ad ascoltare. Le innumerevoli declinazioni della parola “folle” si presentano una ad una e sono le benvenute. E’ la normalità che dovremmo chiederci cos’è.

Grazie Carlo, ci vediamo in giro, al mondo.

E voi?

Io vi tengo accanto.

“Une étoile brille sur le moment d’une rencontre…”

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