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Aldo, fa caldo!

Ci muoviamo con la macchina carica come un traghetto per l’Elba ad agosto e Matteo sotterrato da chitarre e valige ma siamo sempre di buon umore perchè comprendiamo la richezza che questo Pazzesco Tour ci sta regalando. Ormai seguiamo i segni, le intersezioni stellari e l’arrivo al villaggio occupato di Louvain la Neuve ci chiarisce una volta per tutte che siamo destinati alla strada parallela, quella che passa per il bosco.

Vincent è perfetto nella sua calma e ci guida in un giro del villaggio che dura quasi tutto il pomeriggio. Conosciamo un mucchio di gente, andiamo allo spaccio, entriamo nelle case fatte con pezzi di roulotte, nelle “Boule” e nella casa di fango e paglia dove dormiremo. Un uomo ci regala della verdura da sogno dal suo orto e superando un fosso, un muro di ortiche e una barriera spazio temporale niente male, saliamo sulla collinetta di sabbia dove gli abitanti del villaggio hanno messo in scena un film tipo Laurence d’Arabia e da dove si vede l’enorme mostro che avanza. E’ la città, il cemento, un multipiano da tremila posti che sorgerà sui terreni espropriati alla comunità che vive qui da 40 anni. Esatto, 40 anni. Louvain la neuve è una sorta di esperimento, il prototipo di una città ideale e di un diverso modo di vivere, incentrato sulla comunità e lo scambio. Non è una novità clamorosa, ma il problema è che comunque possiamo verificare che con l’aumento del numero degli abitanti, ormai un centinaio, si ripropongono i soliti problemi legati alla convivenza e al difficile equilibrio che si dovrebbe mantenere per riuscire ad aver una socialità rispettosa dell’altro e comunque libera dagli schemi.

E’ bello parlare con Olivier e suo figlio Luc, batterista che studia musica a Londra, 21 anni bellissimi, già carichi di cose viste e vissute, di persone passate e da venire, 21 anni liberi come il vento che stasera ci accarezza mentre ceniamo all’aperto nella zona comune. La chiacchierata con Vincent è davvero illuminante, anche lui giovanissimo e qui da dodici anni, è un ricercatore e sta studiando metodi di cura alternativi per la cura del tumore, per riuscire nella difficile impresa di ottenere cure che non devastino le cellule sane. E’ una mente calma, un’intelligenza viva e parlare con lui significa sempre trovare nuovi punti di vista. La ricerca della follia, della comprensione di ciò che si dice normale o no, continua e ci appare sempre più chiaro che il concetto di normale è legato al “Frame” (come dice Luc dall’alto dei sui 21 anni) in cui si sta guardando. E’ come una cornice, finché ci sei dentro, sei a posto. Il villaggio, agli occhi del mondo non lo è e di certo si sta tentando di “normalizzarlo”, cioè distruggerlo…per questo l’atmosfera in questo periodo è un po’ più tesa e si sta cercando di risolvere anche politicamente la questione. Intanto c’è da festeggiare quaranta lune di vita e la festa si svolge all’università, nella parte assegnata ai ragazzi, che la autogestiscono. C’è di tutto. Anche cibo vegano per tutti. Ci sono gli spettacoli di magia, le favole per i bambini e gli adulti raccontate da un teatrante di strada che secondo me è il “campione del mondo di favole”, un gruppo di cinesi con percussionista africano e cantante peruviano che canta come Tom Waits, i cani che giocano allegri, Brod il punk con i con i capelli rossi a missile alti 40 cm e l’immancabile fonico rasta che ha studiato fonia sul libro sbagliato così sono costretto a offenderlo chiedendogli scusa ma è meglio se faccio da solo. Non mi perdona e durante lo show mi spedisce la sua “concubina” ad abbassare l’ampli, cosa di cui fortunatamente non mi accorgo, a rischio di una guerra nucleare senza possibilità di soluzioni pacifiche. In ogni caso va tutto benissimo e io sono felice come sempre, quando metto le mani sul chitarrone, così partecipo anche alla tombola con un biglietto regalato da Matteo. E vinco. Ok, è vero, vincono tutti…ma l’importante è che anche io, finalmente, posso alzarmi e correre strillando verso il premio, una scatola di latta di biscotti al burro piena di noci raccolte non si sa quando. Il battitore d’asta è un vero show man e ci fa passare un’ora divertentissima in cui tutti sono rapiti e tornano al Natale del 1975 quando gli zii ci facevano giocare a tombola e sette e mezzo con gli spicci.

Olivier e Luc ci regalano lo spot per Radio Rai più bello del mondo e ridiamo un sacco mentre lo rifacciamo due o tre volte: “Alfredo, fa fredo! Ma no Aldo, fa caldo a … due due Radio due”! C’è tempo per gli abbracci con Matteo, Yussef e Vincent e siamo di nuovo in macchina, di notte.

Destinazione Groningen.

Cinque ore.

Punes dorme tranquilla, io guido l’astronave sorridendo al buio che qui non cala mai.

Vi tengo accanto.

P