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We can make it

Gesina ci saluta in lontananza.

E’ ancora lì quando facciamo la curva e nonostante la voglia di proseguire il tour, sappiamo che ci mancheranno da morire il suo affetto e la sua cura, i suoi racconti e i tentativi di sorpassare gli ostacoli linguistici che comunque questi maledetti confini terreni ci regalano nostro malgrado.

Abbiamo riso tanto per il fatto che il Beep Beep che aveva assillato il nostro viaggio in macchina (la spia che segnalava un’anomalia al motore) si fosse trasferito alla sua cucina moderna con piastre elettriche, probabilmente a causa del black out della sera precedente…insomma ho lasciato una scia di devastazione elettrica dietro di me e adesso Mina non mi fa toccare niente perchè dice che rompo tutto.

Ma dico io.

Viaggio lungo verso Mouscron, dove ci attende Matteo, altro italiano in prestito al Belgio. Barba e occhi attenti, allegro, vispo e combina guai come me, sembriamo un po’ fratelli.

Io con la parrucca.

Ogni tanto sparisce e cammina cammina, forse cercando di stancare un cervello sempre all’opera, forse cercando di scoprire cosa avanza all’orizzonte per gente in cerca della vita. E’ un buon tempo questo, per riscoprire amicizie antiche, lasciate a maturare nelle botti di rovere, a fare la polvere da soffiare.

Al trecentesimo Km optiamo per un pasto.

Non troviamo nulla che possa soddisfare due vegani che si accontenterebbero anche solo di una mela, ma non c’è neanche quella, senza burro.

Patate fritte. Si patate fritte e caffè.

Vabbè.

E’ così che alla macchinetta del caffè capiamo che ci vogliono 2,50 euro per un caffè brodo e imbevibile e decidiamo di non subire questa offesa. Due signori accanto a noi commentano sottovoce mentre ci allontaniamo: sono anche loro italiani!

Si!

E si comincia a chiacchierare; anche loro si sono rifiutati! Siamo d’accordo e facciamo un po’ “gli italiani” che si lamentano ma è tutto un gioco anche quando facciamo il video per Radio Rai due mentre i Belgi ci guardano sospettosi.

La macchina va ancora bene (!) e andiamo faster than the time per non farci raggiungere dal “Beep Beep” che abbiamo lasciato a Wangen. Questa per alcuni sembrerà una frase incomprensibile ma per altri ha una sua logica.

Ed ecco Matteo, sperticato e sorridente che scende dal treno, ci si abbraccia ed è subito casa.

Prima tappa il giardino di permacultura di Mouscron; è un orto costruito in tantissimi anni di lavoro da Girard e sua moglie che più tardi ci rilascerà una splendida intervista in cui parla della guerra e della follia, lei che ha vissuto quella guerra. Qui ci sono migliaia e migliaia di semi conservati per lo scambio,varietà, alberi, specie rare e tutte convivono in un polmone verde dentro la città, un incredibile universo, diverso dagli orti e giardini a cui tutti sono abituati, fatto di collaborazioni tra specie, simbiosi e vera naturalità. Scegliamo un po’ di semi da regalare, prendiamo un tè, chiacchieriamo con le numerosissime persone che affollano questo posto e poi dopo l’intervista alla moglie di Girard, ripartiamo avendole regalato un disco e parecchi abbracci.

Mouscron ci aspetta, il Tenace on Tour apre i battenti proprio stasera con il nostro concerto galleggiante e non possiamo arrivare in ritardo.

Come diceva il Boss, “I know it’s late but we can make it if we run”.

Pazzesco continua e io vi tengo accanto.

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